You've gone and then you missed my birthday
You've gone and left me on my own
I'm hard to take it's cool so anyway
It's not so bad to stay at home
Is it true that it's me
You can say all the things you want to
But you don't easily
If you take all this weight behind me
And let it go
Now it's you
you forget all the things you want to
You're not here in the end
So there's nothing left to say
I guess you passed me on my birthday
You slipped right through the year I've grown
And now I can't remember anyway
I now need to wash my hands real slow
You've gone and then you missed my birthday
I know you do it all again
The end... (boh! qua magari se qualcuno mi aiuta a capire ascoltandosela...)
This time I close my eyes and really wish you'd come
Late as usual!
lunedì, agosto 23, 2004
I guess you passed me on my birthday
Quest'anno è esattamente il contrario: ad ogni messaggio di auguri ricevuto l'effetto è lo stesso di un caldo abbraccio di due coperte (Carmen levati di dosso! :D). Grazie.A memoria non ricordo una canzone che parli in prima persona di un compleanno in un tono che non sia necessariamente triste o malinconico, per cui in mancanza d'altro almeno ci metto qualcosa che valga la pena di citare. Qualche tempo fa avrei scelto i Blur più acerbi di Leisure (it's my birthday, no-one here's day...), ma ora qui si ascoltano solo i Junior Boys di Birthday:
domenica, agosto 15, 2004
Alone in Milano
Eccoci qua, rientro dalla Corsica, reduce da un incredibile bignami di quattro tappe del GR20, secondo la fida guida Lonely Planet uno dei percorsi di escursionismo più impegnativi del continente, brrrrr. Per la prima volta preferisco la montagna al mare, specialmente quando ti permette di fare il bagno in quota nella pozza di un fiume. Un paradiso... ma che fine ha fatto Phoebe Cates? Se è ancora in giro, me la immagino comparire da uno di quei paesaggi.
Sul traghetto di ritorno mi becco il pianobar dove suonano Città Vuota di Mina. Ed ecco cosa mi aspetta a Milano, un'esperienza mistica analoga alla fuga a Kyoto di Scarlett Johanssen in Lost In Translation. Il vuoto. Non ci sono macchine. Non ci sono persone. Una musica lontana, forse lontanissima, per giunta tremenda, la solita roba latinoamericana, ma qui tutto si amplifica, suoni, pensieri, vuoto. Non è aria, meglio ripartire, essere fermo da qualche parte se non ne sono obbligato non fa per me. E grazie a FFWD so anche cosa ascoltarmi in viaggio.
Sul traghetto di ritorno mi becco il pianobar dove suonano Città Vuota di Mina. Ed ecco cosa mi aspetta a Milano, un'esperienza mistica analoga alla fuga a Kyoto di Scarlett Johanssen in Lost In Translation. Il vuoto. Non ci sono macchine. Non ci sono persone. Una musica lontana, forse lontanissima, per giunta tremenda, la solita roba latinoamericana, ma qui tutto si amplifica, suoni, pensieri, vuoto. Non è aria, meglio ripartire, essere fermo da qualche parte se non ne sono obbligato non fa per me. E grazie a FFWD so anche cosa ascoltarmi in viaggio.
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